Il 5 maggio BuonAbitare ha partecipato al primo dei tre appuntamenti “Wake-up talk: abitare”, le colazioni organizzate da Zup Lab sul tema dell’abitare.
Tematica del primo incontro è stata “L’innovazione incrementale e radicale nell’abitare” e intorno a un tavolo, con un buon caffè e dei biscotti, ne abbiamo discusso a partire dall’esperienza degli invitati: erano presenti e hanno discusso con noi Rossana Zaccaria (Legacoop nazionale), Mauro Moretti (UniAbita), Raffaello Martini e Silvia Mele (BuonAbitare), Paola Vitali (Ferruccio Degradi), Martina Valsesia (Fondazione Housing Sociale), Matilde Albertini e Maria Chiara Cela (DarCasa) e Francesco di Gregorio (Sunia).
Hanno dato il via alla discussione le riflessioni di Rossana Zaccaria e Mauro Moretti sulle sfide attuali che le cooperative di abitanti devono affrontare, in termini di nuovi ruoli ricoperti, di nuove tipologie di abitanti e di nuove esigenze a cui dare risposta.
Si è discusso di come le cooperative oggi debbano tenere insieme due anime, una più legata ai tradizionali valori mutualistici su cui si fondano, l’altra legata alla necessità di innovazione rispetto al ruolo ricoperto e alle modalità di lavoro utilizzate. Oggi, infatti, le cooperative sono soggetti attivi nell’implementazione di interventi di rigenerazione urbana, sono coinvolte in progetti sostenuti da modelli di finanziamento nuovi, ricoprono il ruolo di gestori sociali in progetti di cohousing e sempre di più i loro interventi perseguono obiettivi, anche molto impegnativi, di sostenibilità ecologica ed economica. Tutto questo richiede una buona dose di rischio, oltre che di impegno economico, temporale e di risorse professionali.
La discussione ha poi toccato altre tematiche e fra queste alcune sono state di particolare importanza per il lavoro di BuonAbitare nei contesti abitativi e le riflessioni a esso legate.
Durante l’incontro si è parlato più volte delle comunità di abitanti e di diverse questioni relative al tema: le caratteristiche che le profilano, la tipologia di aggregante che le tiene insieme, le esigenze presentate dai loro componenti e la tipologia di servizi necessari per rispondervi.
Pur non negando l’esistenza di importanti differenze legate al contesto in cui le comunità di abitanti sono inserite, se in un contesto innovativo di housing sociale, per esempio, oppure in un contesto di alloggi assegnati ai soci di una cooperativa o, ancora, in alloggi Erp, alcune considerazioni sono sembrate valide al di là dei casi specifici.
Le comunità di abitanti sono caratterizzate oggi da un numero sempre più alto di persone anziane, di singoli e nuclei familiari in difficoltà socio-economia, che spesso devono soddisfare anzitutto il bisogno abitativo. A questo si aggiunge un ampio mix sociale per il quale, all’interno di uno stesso contesto abitativo, possono convivere tipologie di popolazione molto differenti, ognuna con propri esigenze e bisogni: anziani, come si diceva sopra, giovani single, padri separati, lavoratori fuori sede, giovani coppie, studenti fuori sede.
Di fronte a questa situazione a diventano cruciali alcune questioni: i soggetti coinvolti sui temi dell’abitare come dovrebbero rispondere a esigenze e fasce di popolazione tanto variegate? Come è possibile rigenerare legami di fiducia all’interno di tali comunità, che a volte sembrano essere tenute insieme solo dalla necessità di rispondere a bisogni economici e pratici, assumendo più la forma di comunità di “convenienza” piuttosto che di solidarietà? E ancora, come è possibile mantenere la comunità, una volta avviata, pensando che le persone possano andare avanti da sole?
Fra gli invitati è emerso un generale accordo rispetto all’idea che sempre più si debba rispondere non solo al bisogno di casa ma anche a quello di servizi di qualità legati all’abitare, servizi che, date le caratteristiche delle comunità sopra descritte, devono necessariamente essere flessibili e adattabili a bisogni diversi, che mutano velocemente. Tali servizi inoltre devono essere progettati avendo una visione di lungo termine rispetto ai risultati e alle ricadute sulla comunità; è necessario quindi investire nella gestione a lungo termine degli interventi e delle persone in essi coinvolti.
Come BuonAbitare queste osservazioni ci fanno pensare che sia necessario portare nei contesti abitativi figure nuove e diversificate che, mettendo in campo professionalità diverse ma integrabili, possano rispondere a bisogni ed esigenze molto sfaccettate. Nel fare ciò crediamo che sia fondamentale mantenere un giusto equilibrio fra la dotazione di strumenti e di competenze necessari alle persone per “andare avanti da sole” e, dall’altra parte, l’accompagnamento e il sostegno in processi lunghi e impegnativi. Se è vero infatti che innovare, o forse sarebbe meglio dire rinnovare, significa dotare nuovamente di potere e responsabilità le persone rispetto ai processi in cui sono coinvolte, è vero anche che le persone non devono essere abbandonate, così come le comunità devono poter contare su una forma di “assistenza” in caso di “danni” o “malfunzionamenti”.
Le riflessioni appena fatte portano ad alcune domande dalle quali partirà la discussione della seconda wake up talk: quali sono gli strumenti per costruire comunità? Quali quelli per mantenerla viva nel tempo responsabilizzando, allo stesso tempo, le persone che ne fanno parte? Quante e quali energie, in termini temporali, economici e professionali, devono e possono essere spese nell’avvio e nel mantenimento della comunità?
Silvia Mele