Il 4 maggio abbiamo presentato presso la Casa della Psicologia di Milano la figura dello psicologo di condominio, una delle nuove figure professionali che BuonAbitare vuole sperimentare nei contesti abitativi.

Abbiamo scelto la Casa della Psicologia in quanto luogo di coinvolgimento e di partecipazione, aperto non solo alla comunità professionale ma anche a istituzioni, cittadini e altre categorie professionali interessati a conoscere e a entrare in contatto con i temi della psicologia.  

All’incontro hanno partecipato soprattutto psicologi, operanti in ambiti professionali diversi,  dalla clinica alla psicologia di comunità, alla ricerca accademica, ma erano presenti anche altre figure professionali, coinvolte soprattutto in attività di mediazione dei conflitti in differenti ambiti.

Diverse sono state le idee, le suggestioni e, perché no, le criticità emerse rispetto alla diffusione e all’affermazione di questa nuova figura professionale.

Un generale accordo è emerso rispetto all’idea che nei contesti abitativi esistano bisogni e problematiche difficilmente riconosciute e traducibili in una domanda chiara, di cui, di conseguenza, i servizi non riescono a farsi carico e rispetto alle quali non ci sono figure professionali preparate a rispondervi.

In effetti le uniche figure a contatto con le persone che vivono nei condomini sono gli amministratori, professionisti che non hanno né il tempo né le competenze per rispondere alla differenti problematiche che si presentano nello svolgere il loro lavoro di ordinaria amministrazione.

Da qui la necessità di portare le risorse professionali degli psicologi più vicino ai cittadini, con un approccio di prossimità che veda i servizi andare verso le persone e non il contrario.

Le persone però sono pronte ad affrontare questo cambiamento? Sono pronte a includere gli psicologi fra i professionisti che possono aiutarle ad affrontare i loro problemi, al di fuori degli ambiti e dei setting in cui comunemente questi professionisti lavorano?

E gli psicologi sono pronti a riconoscere e a dare dignità a questo nuovo ambito di intervento, che necessariamente implica una ridefinizione del contesto in cui si opera, delle cose di cui ci si occupa e delle modalità con cui si lavora? E’ possibile pensare che gli psicologi lavorino da soli nei contesti condominiali o potrebbero/dovrebbero lavorare con altri professionisti? Queste sono le domande emerse durante l’incontro, rispetto alle quali sono state fatte alcune considerazioni.

È emersa la necessità che le istituzioni pubbliche, come i comuni, i consigli di zona e le asl, supportino e diano credito a questa figura, appoggiandone, anche economicamente, la sperimentazione all’interno dei contesti abitativi.

Solo attraverso la sperimentazione infatti è possibile produrre dati e risultati, attraverso i quali rendere concreta e comprensibile l’utilità di questa figura, sia fra i condòmini che all’interno della comunità professionale. E ancora, solo attraverso la sperimentazione è possibile formulare modelli di intervento replicabili.

Anche gli organismi preposti alla tutela della professione, quali gli ordini e le associazioni, possono giocare un ruolo fondamentale nel legittimare questa nuova figura all’interno della comunità professionale, patrocinando iniziative divulgative, come quella cha abbiamo organizzato, e, ancora, impegnandosi per la realizzazione di sperimentazioni.

Durante l’evento si è discusso anche della necessità da parte degli psicologi di lavorare insieme ad altri professionisti, come i mediatori, gli avvocati, gli assistenti sociali e, ovviamente, gli amministratori di condominio, in quanto le problematiche che emergono nei contesti abitativi sono diverse e complesse, e non sempre le competenze psicologiche, da sole, possono essere sufficienti per rispondervi.

In ultima analisi, soprattutto con i colleghi presenti, si è dibattuto sulla necessità da parte degli psicologi di un atto di coraggio nel reinventare la propria professione e i relativi ambiti di intervento, necessità che appare sempre più pressante in un momento storico in cui le possibilità di lavoro sono sempre più scarse ed è sempre più evidente lo squilibrio fra offerta e domanda di lavoro.

Silvia Mele