Descrizione Progetto
L’idea di coinvolgere psicologi nella promozione del benessere abitativo è presente fin dagli esordi del progetto.
Nei contesti abitativi si registra un crescente e diffuso disagio che potrebbe senza dubbio beneficiare di un supporto psicologico. Le persone sono sempre più in difficoltà ad affrontare da sole un gran numero di questioni che incontrano nei loro contesti di vita.
Bisogni e competenze psicologiche dovrebbero però incontrarsi e l’aiuto dovrebbe essere fornito con una modalità facilmente accessibile, nel contesto abitativo stesso. Questo, oggi, non sempre avviene.
La parte più consistente del bisogno psicologico, infatti, non diviene domanda esplicita di una prestazione, e, anche quando questo accade, i tradizionali servizi nei quali è presente lo psicologo non sempre sono in grado di rispondere a tutte le richieste. Occorre perciò trovare un modo di far incontrare il bisogno, con i professionisti che hanno le competenze per soddisfarlo.
Le persone e le comunità non possono essere lasciate a se stesse ad affrontare i problemi che incontrano o ad attivare, da sole, le risorse sommerse di cui dispongono. Persone e comunità hanno bisogno di supporto non occasionale ed episodico, ma strutturato e continuativo, attraverso un servizio psicologico di prossimità che possa essere più accurato nella diagnosi dei problemi e nella individuazione delle risorse e delle risposte.
Portare gli psicologi ad operare dove vivono le persone, a lavorare nella e con la comunità di vicinato è l’obiettivo di questo progetto. Servono però psicologi disponibili a sperimentare modalità inedite per giocarsi la propria professionalità, innovative sotto diversi aspetti: per il contesto del lavoro; per le cose di cui ci si deve occupare; per le modalità del proprio intervento.
Non è detto che tutti apprezzino la vicinanza di uno psicologo. Il che vuol dire che gli psicologi dovranno guadagnarsi sul campo la simpatia, la credibilità, l’autorevolezza che servono per fare il lavoro.
Mentre nel linguaggio di ogni giorno, spesso si auspica la presenza dello psicologo – “qui ci vorrebbe uno psicologo” – quando arriva il momento di metterlo all’opera il suo contributo spesso viene considerato marginale, superfluo o un “lusso” che in momenti di crisi non ci possiamo permettere.
LA RETE DI PSICOLOGI BUONABITARE
Di cosa si occupa lo psicologo di BuonAbitare
In sintesi, lo psicologo di BuonAbitare si occupa delle persone e delle condizioni nelle quali queste vivono. Quelle condizioni che le stesse persone contribuiscono a determinare e che, a loro volta, condizionano le loro esistenze.
Innanzitutto si occupa della comunità di vicinato dal punto di vista psicologico. Se consideriamo il vicinato come una comunità, è possibile, utile e forse anche necessario che qualcuno se ne occupi dal punto di vista psicologico.
Occuparsi del vicinato dal punto di vista psicologico vuol dire farsi carico della dimensione soggettiva, individuale e collettiva, costituita da vissuti, pensieri, emozioni, sentimenti, desideri, rappresentazioni, valori, speranze, progetti, ecc che non sono riconducibili ad aspetti organizzativi, economici, giuridici, anche se con tutte queste dimensioni si intrecciano. Questa dimensione va conosciuta e riconosciuta e possibilmente presidiata, con competenze adeguate che non sono garantire dal buon senso e neanche da un generico corso sulla comunicazione.
In questo caso, lo psicologo si occupa del condominio/del caseggiato/del vicinato, inteso come micro comunità, e delle persone che ci abitano. Il suo specifico non è la patologia. Ma, quando la incontra, sa riconoscerla e può occuparsene, senza presa in carico e senza avere la responsabilità della diagnosi clinica.
I bisogni a cui risponde possono riguardare le singole persone in quanto persone, le persone inserite in un sistema relazionale e sul territorio. Ma anche i sistemi sociali, famiglia, gruppi, associazioni.
Gli strumenti che utilizza sono il colloquio psicologico, individuale, familiare e/o di gruppo. La ricerca azione, basata soprattutto sull’osservazione partecipante. La facilitazione di incontri, dalle riunioni condominiali ad altri incontri. Il costante colloquio con i servizi pubblici e del volontariato presenti sul territorio gli permettono di avere il quadro delle risorse disponibili da utilizzare per affrontare i problemi. Interventi di mediazione dei conflitti.
Fare lo psicologo nei contesti abitativi non vuol dire semplicemente cambiare la sede del proprio lavoro o semplicemente portare le competenze psicologiche nei contesti abitativi. Vuol dire elaborare interventi su misura e i collaborazione con gli abitanti, adottando una modalità operativa che possiamo definire “proattiva”, basata sull’osservazione e sull’ascolto e che si richiama alla psicologia di comunità e alla psicologia sociale.
LA RETE DI PSICOLOGI BUONABITARE
Obiettivi del lavoro psicologico del BuonAbitare
Una prima funzione importante è aiutare le persone a ritrovare la strada, laddove l’abbiano persa, senza indicare la meta, ma sostenendole nella ricerca.
Ascoltare i problemi che le persone incontrano e che prima ancora di appartenere ad un dominio professionale, pesano in modo complessivo sulla vita delle persone e la condizionano.
Aiutare le persone a riaprire canali di comunicazione dove sono interrotti e riattivare il sistema delle relazioni. Il vicinato, talvolta, può divenire una comunità rancorosa. Un rancore che si attacca addosso alle persone, crea dipendenza, ingabbia e può covare sotto la cenere ed esplodere in azioni violente.
In ogni contesto sociale ci sono delle risorse che non sono né conosciute, né socializzate e quindi vengono sprecate. Risorse che si palesano non appena se ne dà l’occasione. Persone che aspettano di essere invitate, aiutate a superare il primo gradino. Persone che non si candidano di propria iniziativa, ma che non esiterebbero a rispondere con entusiasmo ad un invito. Le persone possono essere aiutate a scoprire e riconoscere il valore delle loro presenti nel contesto.
Riconoscere l’interdipendenza che c’è fra benessere personale/familiare e benessere del contesto è un altro obiettivo del lavoro psicologico. Così come lo è aiutare le persone a riflettere sulla reciprocità, riscoprendo gli aspetti positivi e piacevoli della vicinanza spaziale con gli altri e dello “stare insieme”.
C’è anche un compito educativo nel lavoro psicologico: aiutare le persone a sviluppare competenze utili a collaborare e a gestire gli spazi comuni. Quegli stessi spazi dai quali le persone spesso si ritraggono o che diventano, altrettanto di frequente, occasioni di litigio. Sviluppare queste competenze permetterebbe di poter fruire più agevolmente dei beni comuni, innescando un potenziale circolo virtuoso che influisce sulle relazioni sociali del condominio.
La partecipazione attiva è una condizione imprescindibile per avere vitali relazioni sociale nel vicinato. Le persone devono uscire dalla propria casa ed incontrarsi, dialogare, discutere e su alcune questioni decidere insieme. Le normative e i regolamenti non forniscono la motivazione a partecipare, che è da coltivare e da far crescere come motivazione intrinseca a stare nel gioco sociale, a dare il proprio contributo, oltre che a difendere i propri interessi. Nella promozione della partecipazione si possono mettere in campo competenze psicologiche che generalmente vengono sottovalutate.
Fondamentale è il contributo che il lavoro psicologico può dare all’integrazione con gli stranieri. “Con” gli stranieri e non “degli” stranieri. La costruzione della convivenza con chi arriva da altrove non può essere lasciata al caso. I percorsi di integrazione sono faticosi e la fatica non è distribuita in modo equo. Le persone, se lasciate sole, a volte non ce la fanno a dare senso alla farica, si possono perdere, andare in ansia e adottare comportamenti difensivi dannosi quanto inefficaci. Fatti salvi alcuni quartieri, dove sono in atto progetti specifici con obiettivi di integrazione, coesione sociale o mediazione interculturale, spesso nei luoghi dove le persone abitano non ci sono né operatori, né servizi che si occupano di questi aspetti.
I periodi di cambiamento, come quello che stiamo vivendo, obbligano a rivedere molte cose, a trovare nuove categorie per leggere la realtà e per descriverla, a rivedere il modo in cui sono organizzati i saperi e le professioni. In questi periodi ci possiamo anche permettere, anzi sarebbe utile se non necessario farlo, di ridisegnare i contorni di alcune figure professionali immaginando combinazioni diverse dei saperi. Accostamenti di competenze e di professioni un tempo non immaginabili, oggi divengono un’innovazione funzionale o, quanto meno, una sperimentazione possibile. Possiamo ad esempio immaginare la collaborazione con gli amministratori di condominio.
LA RETE DI PSICOLOGI BUONABITARE
La Rete
Fare il lavoro di psicologo nei contesti abitativi da soli è difficile e rischioso. Mancano i riferimenti certi dei setting tradizionali, non è chiaro in partenza chi è il committente, in cosa consiste il servizio, dove si svolge e chi lo paga.
I bisogni a cui risponde possono riguardare le singole persone in quanto persone, le persone inserite in un sistema relazionale e sul territorio. Ma anche i sistemi sociali, famiglia, gruppi, associazioni.
Gli strumenti che utilizza sono il colloquio psicologico, individuale, familiare e/o di gruppo. La ricerca azione, basata soprattutto sull’osservazione partecipante. La facilitazione di incontri, dalle riunioni condominiali ad altri incontri. Il costante colloquio con i servizi pubblici e del volontariato presenti sul territorio gli permettono di avere il quadro delle risorse disponibili da utilizzare per affrontare i problemi. Interventi di mediazione dei conflitti.
Fare lo psicologo nei contesti abitativi non vuol dire semplicemente cambiare la sede del proprio lavoro o semplicemente portare le competenze psicologiche nei contesti abitativi. Vuol dire elaborare interventi su misura e i collaborazione con gli abitanti, adottando una modalità operativa che possiamo definire “proattiva”, basata sull’osservazione e sull’ascolto e che si richiama alla psicologia di comunità e alla psicologia sociale.
La rete permette agli psicologi che ne fanno parte di:
- Avere il proprio nome inserito un elenco costantemente aggiornato e promosso attraverso adeguate azioni di comunicazione
- Trovare nuove opportunità non convenzionali di lavoro;
- Differenziarsi dal resto degli psicologi ed essere visibili come gruppo;
- Superare lo stereotipo dello psicologo “strizzacervelli”, valorizzare l’utilità sociale del proprio lavoro e, quindi, ottenere una migliore stima sociale
- Essere facilmente riconosciuti e raggiunti dagli amministratori condominiali, quando ne hanno bisogno
- Essere legittimati a fare proposte utili, ad esempio, per sviluppare forme di abitare collaborativo e nuove forme di convivenza
- La partecipazione ad eventi di formazione e di aggiornamento organizzati dalla rete
- Usufruire di consulenza e supervisione
Requisiti per far parte della rete degli psicologi di BuonAbitare
- Essere soci dell’associazione
- Disporre delle competenze professionali necessarie
- Essere disponibili a partecipare agli incontri e di formazione e di coordinamento
- Avere una propria PIVA per chi intende operare come professionista
Per aderire alla rete:
- proporre la propria candidatura inviando il proprio cv al CD dell’associazione che lo deve accettare
- effettuare una giornata di formazione
- Sottoscrivere la carta dei valori e il patto di collaborazione
Per informazioni contattare:
Maura Benedetti – [email protected]